Pagine è un libro di bordo.
E’ la storia di un andare di terre in
terre. Nostalgia delle partenze e degli arrivi; dei ritorni a casa : nel
bagaglio sempre qualcosa di nuovo.
Appunti di viaggio, notazioni; la memoria che ferma le immagini,
i sapori, il vissuto.
Pagine prosegue. Non è un vero diario, ma la premessa per raccontare quello che siamo stati, noi, in anni difficili ma bellissimi.
Ricostruire
un ambiente è come dipingere un quadro e Pagine, il mio libro di bordo, è la
cornice. È la storia di un sogno e sognare è vivere e vivere è amare.
I sogni
richiedono fatica , amare disponibilità all’incontro.
Amare gli alberi, il tram che sferraglia gioioso sotto casa, le
anatre del lago, il freddo, la neve che cade abbondante, la luce dei lampioni
che illumina la notte … uscire e mescolarsi tra la folla quando torna primavera …
Pagine è la storia di un sogno e di un amore.
La storia di una battaglia a lungo pianificata, combattuta in
campo aperto con le sue sconfitte e le rare
vittorie e come nel “Vecchio e il mare” di Hemingway succede che rimani con lo
scheletro del grande pesce e il pesce era il sogno di una vita.
Basso di
statura, robusto, i capelli di un castano chiaro leggermente brizzolati , don
Arnaldo è negli anni sessanta e settanta il responsabile della Missione Cattolica dei salesiani a Zurigo.
Se vivi in terra
straniera, in un luogo di missione, il campanile, la chiesa, diventano il porto dove andare. Grazie a don Arnaldo
l’integrazione a Zurigo fu rapidissima e in breve tornai a vivere i miei anni.
Certo sarebbe
bello raccontare di noi, del gruppo di giovani che cresceva velocemente intorno
alla missione, descrivere i problemi,
gli amori, i sentimenti, gli ideali, la strada che ognuno avrebbe preso.
Essere
cattolici negli anni sessanta a Zurigo, in terra protestante.
Vivere la propria identità e cercare negli
altri, in ciò che è diverso da te, il meglio.
Dire: “ti amo!”
era facile a Zurigo.
Amare gli
alberi, il tram che sferraglia gioioso, sotto casa, le anatre del lago, il
freddo, la neve che cade abbondante, la luce dei lampioni che illumina la
notte.
Uscire e
mescolarsi tra la folla quando torna primavera …
Trovai un lavoro come apprendista alla Shoeller und
Co, un lanificio tra i più grandi d’Europa situato sulla Hartumstr, alla periferia nord
della città dove la Limat,
il fiume, si allarga in un’ampia ansa.
Un complesso di
grandi dimensioni costituito da più edifici dalle caratteristiche omogenee.
Intorno
all’opificio, appoggiate alla collina, le case per i dipendenti: una vera e
propria cittadella. Gli stipendi erano rispetto ad altre aziende più bassi ma i dipendenti godevano della casa e
dei servizi presenti nella cittadella. Non io che vivevo con mia
madre.
Poco distante,
proseguendo la
Hartumstrasse, i campi
sportivi e lo stadio del Grassoper, la squadra di calcio più importante
della Svizzera.
All’inizio fui
utilizzato come apprendista nella tintoria; un impianto con numerose vasche per
il lavaggio e la tintura a caldo delle lane.
Affiancavo un operaio italiano originario della Puglia. Non era
difficile.
Non riesco adesso a ricostruire il ciclo produttivo.
Il lavaggio
delle matasse di lana cardata avveniva in grandi vasche. La lana immersa
nell’acqua calda veniva ripulita con l’immissione di acido prima di procedere alla tintura.
Terminato il
periodo di ambientamento e prova venni trasferito nel reparto filatura con
compiti di assistenza. Un reparto
composto da donne di origine greca e turca, Un misto di lingue che non mi
impedì di comunicare e svolgere il mio lavoro.
Kalimera, ….
Kalispera .. . Furono le donne ad insegnarmi il mestiere. Il lavoro prevedeva la turnazione, 15 giorni
al mattino, dalle 5 alle 14 e 15 giorni
fino a sera, dalle 14 alle 23.
Avevo acquistato
una bicicletta usata e con quella raggiungevo la fabbrica con ogni tempo e in
ogni stagione. Il 1966 fu un inverno
molto rigido. Una mattina , intorno alle 4 e 30, sotto casa,
il barometro della farmacia segnava – 21 gradi . Non avevo freddo e con
la mia bicicletta raggiunsi come sempre la fabbrica che si trovava all’altro
capo della città. C’era la neve.
Preferivo il turno del mattino che mi
consentiva di frequentare la missione mentre quello della sera di studiare, disegnare, leggere.
Ero indipendente
e progettavo di riprendere gli studi.
Grazie alla Missione Cattolica sono anni
belli. C’è il rammarico per gli studi ma torno a vivere i miei anni, a
progettare, ad avere fiducia. La
Missione diventa il mio ambiente, la nuova famiglia....
Entro in un
gruppo che si stava formando composto da giovani donne che sono ancora nel
cuore e nella mente. Avevamo poco più o meno di 16 anni. Fu grazie alle ragazze
che il gruppo poté cementarsi. Divenimmo inseparabili.
Quindi gli
altri, quelli arrivati in Missione prima di noi. Giovani appena più grandi.
Veneti, Friulani, Lombardi, Svizzeri del Canton Ticino.
Le immagini si
sovrappongono e portano la gioia degli incontri, le gite; di quella volta che
insieme andammo sull’Uetliberg.
Uetli è’ il
punto più alto e panoramico di Zurigo.
Prendemmo a Selnau il treno con la
guida a gramaglia che scatta e consente
di salire fin quasi la vetta posta intorno ai ‘900 metri. Il succedersi dei
boschi, il lago che si apre lentamente e, arrivati in cima la terrazza
panoramica: la vista dei monti che circondano Zurigo e veloci corrono verso la vicina Germania.
Adriana, la più giovane del gruppo, era alle
prime uscite. Parlava un italiano stentato. Era dolce Adriana.
Tornammo a
piedi, all’imbrunire, lungo un sentiero sconnesso e ripido che attraversava
veloce i boschi fino alle prime case e alla stazione di Selnau. Eravamo felici.
Il pranzo al sacco, il girovagare sulla cresta dell’Uetliberg, i giochi, i
profumi e gli odori di un giorno d’estate.
Ogni anno la Missione organizzava un
pellegrinaggio ad Einsiedeln, al
Santuario di N.S. degli eremiti, la miracolosa Vergine nera
Il Santuario
della Madonna nera di Einsiedeln ha una storia che merita un breve cenno. Intere
comunità, seguendo i deliberati delle assemblee cittadine, passavano alla
Riforma e le principali cattedrali mariane presenti nella Svizzera vennero occupate dai protestanti che avevano
in Zwingli, a Zurigo e in Calvino a Ginevra i loro massimi esponenti (siamo nel
1500). Il passaggio alla Riforma comportò la distruzione degli altari e delle
immagini sacre; un periodo buio che mise in forse la sopravvivenza del
cattolicesimo.. Nonostante la forza dei riformisti, i cattolici riuscirono a
difendere alcune posizioni e a stabilire la propria egemonia in Canton Ticino.
Durante la riforma protestante l’Abazia
benedettina di Einsiedeln, fondata al termine del primo millennio, rappresentò
in Europa un baluardo della cattolicità .
Ho brevemente
tratteggiato un periodo della storia della Svizzera per dare significato al nostro essere
cattolici a Zurigo.
***
Al mattino
passavo il tempo a leggere e a studiare. Matematica, fisica … i libri di lettere e filosofia scelti senza
una guida, … Amavo disegnare: ero bravo.
La passione per
il disegno non era una novità ma una dote emersa sui banchi di scuola. Ed ero
bravo, di gran lunga il migliore.
A Zurigo uscivo
di casa con le matite, i fogli, i pastelli e il carboncino per ritrarre i
fiori, le foglie, i paesaggi, la bottega del fruttivendolo, gli alberi e i
viali del Rieter Museum.
Ero in grado di rifare, a carboncino, a
matita, con i pastelli i dipinti di artisti
famosi e spesso correvo fino al Kunsthaus, il Museo, per visitare le
sale, studiare la luce, le armonie, i colori, le ombre .. nei quadri .
Ero affascinato
dal mondo della fisica, dallo studio dell’infinitamente piccolo cioè alla
teoria quantistica, la base ultima sulla quale si regge l’intero universo
microscopico delle particelle e, indirettamente, a tutto quanto noi possiamo
vedere, udire, toccare. In tutto questo ritrovavo facilmente Dio.
Studiavo per
comprendere l’armonia della natura e il mistero della vita.
Studiare e
comprendere le leggi che regolano l’universo minimo significava, pensavo,
comprendere l’universo stesso di cui siamo una infinitesima parte e andare
oltre la dimensione osservabile e indagare.
Giorno dopo
giorno elaboravo il mio futuro quello che volevo fare, che avrei voluto.
Come fare?
Discutevo di
futuro con Riccardo che voleva studiare medicina ma non aveva ne i mezzi ne gli
studi per iscriversi all’università.
Era difficile
per noi, a quei tempi, giovani immigrati senza appoggi immaginare il futuro. La
città offriva molte opportunità di lavoro non strutturato. Al mattino potevi
portare i giornali di casa in casa ed eri subito libero. Potevi,
saltuariamente, trovare impiego alle poste o alla stazione centrale, fare il
benzinaio, il fornaio.
Esistevano tutta
una serie di lavori che con un pò di fortuna ti permettevano di guadagnare per vivere e trovare il tempo per studiare.
Riccardo, che
aveva frequentato le scuole a Zurigo,
parlava perfettamente il dialetto zurighese diversamente da me che
cominciavo ad esprimermi ma avevo bisogno di tempo. Studiavo il tedesco ma non
bastava ed avevo fretta.
Potevo scendere
in Canton Ticino, ma dove? Un bel
problema …
Ne parlavo con
Riccardo che era più giovane di me ed ascoltava.
Continuavo ad
uscire con Marisa e le altre. Marisa
poteva aiutarmi con la lingua ma non ero pronto per un rapporto profondo che ti
cambia la vita. Marisa mi voleva bene, mi avrebbe aiutato, consigliato, sposato
la mia causa.
Potevo farlo,
potevo imbrigliare nei miei progetti la vita di un’altra persona?
Non potevo.
Il percorso era
duro e lungo: una scala, ripida, che saliva fino ad una porta. Aprire quella
porta era l’obbiettivo che volevo
raggiungere , gradino dopo gradino, verso il futuro immaginato, lungamente
sognato, scelto.
Arrivò Natale e
poi capodanno.
Le Barizzi
organizzarono una festa nella loro casa: un villino posto in cima allo
Zollikerberg, una località
situata alla periferia sud- est di
Zurigo.
Da Bellvueplatz,
uno dei più importanti nodi stradali, sulla sponda destra della Limat, dove il
fiume defluisce dal lago, si prende il tram che porta a Rehalp e da lì,
proseguendo lungo la Frochstr, passando per Waldburg, si sale fino all’abitato
di Zollikerberg.
Eugenio,
Nicolino, Riccardo…. Marisa, Giovanna, Adriana, Maria Silvia, Iris, Rosenmary.
C’era anche Ornella che solitamente non faceva parte del nostro gruppo.
I genitori di
Adriana e di Marisa nel salotto e noi nello scantinato trasformato in sala da
ballo. Ricordo la musica, Adriana che cercava le canzoni di Adamo, l’allegria,
i giochi in attesa della mezzanotte.
La neve era
caduta abbondante.
A mezzanotte le ragazze decisero di uscire
per una passeggiata nel bosco. Il padre di Adriana mi prese da parte e mi
disse: “mi raccomando, che non accada nulla” e mi affidò sua figlia.
Tornammo, io e
gli altri, a Zurigo a piedi … attraverso il bosco ….
Zollikerberg
E a te che penso
/lungo la strada che scende,/ fredda, / attraverso il bosco, /
le luci della
notte. / Le cose che ho, / che non ho, / che vorrei avere per dare/
L’amore che
cerco, / che non ho, / che vorrei avere per amare / Dire: “ti amo”/
a te che
ascolti.. / E’ solo illusione / il sogno che ho fatto / lungo la strada che scende.
Sto per lasciare
Zurigo. E’ una scelta ragionata se scelta si può chiamare quella di uno che non
ha nulla per scegliere tranne i suoi anni.
I poveri non
possono scegliere il liceo, i saperi, progettare l’università e seguire le proprie vocazioni. I poveri, quelli del mio tempo, speravano nel
lavoro subito. Io no … avevo scelto i banchi di scuola, avevo scelto il liceo.
All’inizio del
1967 lascio la Scoeller
und co ma resto a Zurigo fino ai primi di maggio. Libero da impegni passo mesi bellissimi.
Amavo mescolarmi tra i giovani che trovavi, sempre numerosi, in riva alla
Limat in prossimità di Belvue: un
crocivia di lingue che erano musica ed io ero vivo e felice di esserci.